L’olivo e olio, doni sacri e antichi, oggi più che mai sulle nostre tavole. Gli Egiziani attribuivano l’arte di oleificare a Iside, nel racconto biblico un ramo di olivo portato da una colomba annunciò a Noè la fine del Diluvio mentre i Greci attribuivano la diffusione dell’olivo ad Atena.
Per chi, come me, vive da sempre in campagna l’autunno ha un fascino tutto particolare. Il sottobosco si riempie di colori meravigliosi e tanti frutti della natura si preparano alla maturazione.
Tra ottobre e novembre protagonista indiscussa della vita di campagna è la raccolta delle olive che, a casa nostra come nei tanti poderi circostanti, viene fatta rigorosamente a mano (sistema della “brucatura”) così da scegliere le olive più mature ed evitare di ammaccarle.
Un’attività certosina in cui tutti i membri della famiglia danno il loro contributo approfittando delle ore all’aria aperta per godersi il silenzio e la natura incontaminata. Anche ai ragazzi di solito piace perché hanno finalmente l’occasione per arrampicarsi sugli alberi e sentirsi da lassù più potenti di qualunque adulto.
Così, pianta dopo pianta, si stende la rete a fitte maglie intorno all’albero, si spogliano i rami uno ad uno partendo da quelli più bassi e cercando di selezionare le olive, e poi con la scala si sale in alto finché i preziosi frutti non sono tutti a terra o nei secchi che si appoggiano sui rami per evitare ammaccature con la caduta. La rete viene quindi molto delicatamente rovesciata nelle casse e le olive nel giro di poche ore si portano al frantoio per la spremitura.
Il frantoio è spesso un luogo di incontro di tanti piccoli proprietari di oliveti che vi si recano con almeno 200 kg di olive (spesso è la quantità minima per una spremitura) e attendono la fine del processo per portarsi a casa con soddisfazione il loro prezioso olio per tutto l’anno, come un piccolo tesoro. Si assiste affascinati a tutta la lavorazione, dal lavaggio e defogliazione, alla gramolatura attraverso macine, per poi passare alla spremitura ponendo la pasta su dei dischi che compongono una sorta di torre che viene pressata, in modo da separare la parte liquida dalla solida (sansa). Successivamente il processo prevede la separazione dell’olio dall’acqua attraverso centrifughe e per ultimo la filtrazione.
Osservare il colore verde e intenso di quell’olio nuovo, ogni anno diverso dall’altro, è una vera festa e fonte di soddisfazione pura. La sera stessa non si può mancare il primo assaggio, su una fetta di pane bianco, per assaporare tutto il gusto di questo dono della natura. L’olio viene poi riposto in damigiane di vetro o di acciaio inox, tenuto al buio a riposare per alcune settimane prima del consumo.
L’oliva si è diffusa dalla Mesopotamia alla Grecia e poi a tutta l’area mediterranea e furono i Romani ad allargare la coltura degli olivi e il commercio dell’olio nel loro Impero. Dopo il Medioevo, in cui tale tradizione fu tenuta in vita in particolare dall’ordine dei Benedettini, è con il Rinascimento che si dette nuovo slancio a questa coltivazione, inizialmente in Toscana e poi in tutta l’Italia Centrale, in Liguria e nel Meridione.
Le specialità di olive più note nelle Marche sono le Ascolane ottime in salamoia, utilizzate in cucina con tante modalità, ma che producono anche un Olio di Tenera Ascolana davvero speciale.
Io uso l’olio extra-vergine di oliva per tutto, per condimenti da crudo e alla base di soffritti, nell’impasto della pizza e del pane, per arrosti e fritture leggere, a volte anche nei dolci al posto del burro. Ma la bontà di una semplice fetta di pane cotto a legna con un filo d’olio e qualche granello di sale è davvero ineguagliabile e da sempre rappresenta la merenda preferita dei miei figli!!