Tasting Marche Blog

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Questa volta sono stati un campo di fiori colorati e la curiosità di qualche amico completamente ignaro della sua esistenza ad ispirare questo articolo dedicato ad un prodotto che amo particolarmente: la Roveja. Se non la conoscete e non avete proprio idea di come cucinarla ve lo spiego io.

Un legume dalle origini antichissime, osannato da greci e romani per le sue proprietà, simile ad un piccolo pisello dai semi colorati, questa è la Roveja.

Abbandonata quasi completamente dall’alimentazione è stata riscoperta negli ultimi anni e alcuni agricoltori delle zone interne di Umbria e Marche continuano a coltivarla, consentendo a questo prezioso alimento di non scomparire dalle nostre tavole.

Restereste incantati anche voi di fronte ad un campo fiorito di Roveja, quando i fiori dalle mille sfumature del rosa e del ciclamino spuntano dalle piante, su cui iniziano ad apparire i piccoli bacelli, contenenti i preziosi semi.

Ma la vera sorpresa è la ricchezza di questo prodotto, che come valori nutrizionali e versatilità in cucina è davvero eccezionale.

Oltre ad essere poco calorica e quindi perfetta per chi è attento alla linea, è incredibilmente ricca di proteine, circa 23 gr ogni 100 gr di prodotto secco, analogamente a quelle contenute in 100 gr di petto di pollo. Se associata a dei cereali, come orzo e farro, diventa un pasto completo, un vero e proprio inno alla salute.

“E che ci faccio con la Roveja” direbbe qualche mia amica a corto di fantasia?

Come tutti i legumi può essere impiegata in tanti modi, basta metterla in ammollo per circa 12 ore, cuocerla in acqua bollente per circa 40 minuti e poi sbizzarrirsi in zuppe, minestre, insalate, hamburger vegetariani, crocchette e tutto quello che la vostra creatività vi farà venire in mente.

Non solo, dalla Roveja secca si ottiene una farina dal gusto amarognolo, usata nei paesini dei Monti Sibillini per preparare una specie di polenta, chiamata “Farecchiata”. In alcune località della provincia di Macerata, tra Appignano e Treia, si mescola invece alla farina bianca per produrre una particolarissima pasta, di cui vi parlerò in uno dei prossimi appuntamenti dedicati ai piatti poveri della tradizione contadina.

E ora che sapete tutto cosa aspettate a portarla a tavola?